Presidenza della Repubblica, Renzi: “FI non vuole un uomo del Pd, forse il Candidato sarà una persona fuori dal patto del Nazareno”
Il Pd non dà nè accetta diktat. Parlando coi parlamentari dem sulla trattativa per un nome condiviso dalle forze politiche per il Quirinale, il premier Matteo Renzi manda a dire a Forza Italia che non si possono accettare veti. E il partito di Silvio Berlusconi, aggiunge il premier, non vuole qualcuno con una storia militante nel Pd. Rivendica la sua firma sul patto del Nazareno, ma rimarca che non significa che sarà preso un loro nome per il Colle, mentre come segretario dem dice di non chiedere lealtà ma responsabilità e consapevolezza di tutti. E spiega che tutte le forze politiche con cui si è consultato ieri al Nazareno, ad eccezione di Frateli d’Italia, hanno chiesto un profilo politico. Domani, aggiunge, la decisione finale su come votare per i primi tre scrutini, tenuto conto che per lui la migliore resta l’ipotesi scheda bianca. Assente dalle consultazioni il Movimento 5 Stelle: ha partecipato una delegazione di fuoriusciti, che è stata contestata all’esterno da militanti pentastellati.
«Con Fi abbiamo avuto un incontro civile, non vogliono qualcuno con una storia militante nel nostro partito. Non possiamo accettare veti», ha detto Renzi stamani all’assemblea dei deputati del Pd, parlando dell’incontro di ieri con la delegazione Fi senza Berlusconi.
«È un valore eleggere il presidente della Repubblica con Fi, ma non accettiamo veti. So che a molti di voi non piace il patto del Nazareno ma ribadisco la necessità di fare insieme le riforme», ha osservato Renzi. «Prendiamo atto ma non accettiamo la preferenza negativa di Fi su un esponente con accentuata militanza nel Pd, perché non facciamo né accettiamo diktat».
«Sono contraente del patto del Nazareno e lo rivendico. Il capo dello Stato lo abbiamo fatto sempre con Fi ma questo non significa che prendiamo il loro nome», ha poi aggiunto il premier.
Tutti i gruppi con cui mi sono consultato in questi giorni, ad eccezione di Fratelli d’Italia, hanno chiesto per il candidato Presidente un «profilo politico», ha rilevato ancora Renzi.
Oggi Renzi vedrà ancheSilvio Berlusconi, che ieri non ha partecipato alle consultazioni mandando i capogruppo. Lega e Fratelli d’Italia presenteranno una candidatura congiunta. I Cinquestelle – che ieri hanno visto l’abbandono di altri dieci parlamentari – terranno le «quirinarie» sul web per trovare un candidato.
Un politico di esperienza dunque. Niente tecnici o, scandisce Angelino Alfano, «novellini». I partiti di maggioranza e opposizione vengono ricevuti dalla delegazione Pd al Nazareno per inusuali «consultazioni» in vista delle votazioni per l’elezione del nuovo presidente della Repubblica. E chiedono a Renzi un nome che innanzitutto non sia esterno alla politica, traendone la convinzione – poi smentita da fonti Pd – che il premier concordi. Ma è ancora fitto di appuntamenti il percorso di avvicinamento alle votazioni: domani sono in programma assemblee di tutti i partiti, a partire dal Pd, e Silvio Berlusconi, che ha deciso di non partecipare con i suoi alle consultazioni, tornerà a vedere Renzi.
Esulta intanto il presidente del Consiglio per l’approvazione al Senato in seconda lettura della legge elettorale. «Il coraggio paga, le riforme vanno avanti», rivendica con un messaggio su Twitter. Il passaggio non è indolore, perché ventiquattro senatori della minoranza Pd non partecipano al voto finale, per manifestare il loro dissenso rispetto al meccanismo dei 100 capilista bloccati dell’Italicum, che «farà prevalere i nominati». Anche alcuni senatori di FI escono dall’Aula, ma il partito di Berlusconi tiene fede al patto del Nazareno e vota la legge. I sì alla fine sono 184, i no 66 e 2 gli astenuti.
Ma, con buona pace di chi si preparava già a chiedere una verifica di governo, i sì azzurri non risultano determinanti: per soli 3 voti di scarto, la maggioranza resta autosufficiente. E non si registrano problemi neanche alla Camera, dove procede il cammino della riforma costituzionale. Ma dove le votazioni vanno tanto a rilento che difficilmente si concluderà l’esame degli emendamenti prima della pausa per il Colle.
Proprio in vista dell’inizio delle votazioni per il nuovo capo dello Stato, giovedì alle 15, sulla scena politica torna il rito delle consultazioni, ma in salsa Nazareno. Nella sede del Pd dalle 9.30 fanno ingresso le rappresentanze di tutti i partiti: c’è persino il moderato di area dem Giacomo Portas, che conta un solo grande elettore, lui stesso. E anche se mancano i 5 Stelle, che hanno rifiutato con sdegno l’invito, a sorpresa debuttano al Nazareno gli ex grillini, gli ultimi ad essere ricevuti, alle 21, dopo che altri dieci parlamentari in mattinata avevano annunciato l’uscita dal gruppo.
La delegazione Pd, guidata da Renzi e composta da Guerini, Serracchiani, Speranza, Zanda e Orfini, annota la richiesta quasi unanime, tra i partiti della maggioranza, di un nome politico. «Serve una figura di alto profilo», dice il ministro Stefania Giannini a nome dei centristi di Sc-PI-Cd. «Un politico non divisivo», afferma Pino Pisicchio, a nome del Misto. E Angelino Alfano dichiara che «non è il momento per un tecnico».
Il ministro dell’Interno aggiunge che Area popolare, come il Pd, voterà scheda bianca nei primi tre scrutini per il Quirinale, puntando «all’ace – dice con metafora tennistica – al quarto e cercando di evitare il doppio fallo nel quinto».
I più critici sono – e non è una sorpresa – il leghista Matteo Salvini («Drammaticamente non ci hanno fatto nomi») e la leader di Fdi Giorgia Meloni («Renzi vuole imporsi»), che domani lanceranno una candidatura congiunta di centrodestra per il Colle. Tutti altri toni invece da Forza Italia, che dice di condividere l’obiettivo del premier di fare «presto» e invoca come candidato un «arbitro imparziale, non giocatore».
Berlusconi, dopo aver incontrato a Palazzo Grazioli i vertici del partito, decide invece di non varcare la soglia del Nazareno: a una settimana dall’incontro sulla legge elettorale tornerà domani all’ora di pranzo a Palazzo Chigi per un faccia a faccia con Renzi. E non è escluso che, dopo aver rivisto in mattinata i gruppi Pd, il segretario-premier in giornata incontri Pier Luigi Bersani. Tra i papabili continuano ad annoverarsi Mattarella e Finocchiaro, Amato, Fassino, Veltroni. Ma anche, seppur in forte discesa, Pier Carlo Padoan, che glissa le domande: «Sono il ministro dell’Economia, ho tanto da fare».
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