Identikit, ecco chi è Sergio Mattarella, siciliano, ex Dc, classe 1941. Definì l’ingresso di FI nel Ppe “un incubo irrazionale”
Se venisse eletto, Sergio Mattarella sarebbe il primo presidente della Repubblica siciliano. Nato a Palermo nel 1941, il candidato al Quirinale da Matteo Renzi è una persona tutta d’un pezzo. Cattolico, riservato, prudente, capace però di battute taglienti ma pronunciate sempre con garbo e sottovoce. Quando prende una decisione è difficile fargli cambiare idea. Nel 1990 si dimise da ministro della Pubblica Istruzione perchè Andreotti aveva imposto la fiducia sulla legge Mammì, il cadeau di Craxi alle reti tv di Berlusconi: Mattarella fu il più convinto sostenitore della rottura, a differenza degli altri quattro ministri della sinistra Dc. Se lo ricorda bene Calogero Mannino, anche lui allora dimissionario ma con meno convinzione, che qualche giorno fa alla Camera aveva detto: «Renzi, se è intelligente e lo è, dovrebbe puntare su Sergio: ne apprezzerà molto i suoi silenzi».
Mattarella è stato parlamentare dal 1983 al 2008, attraversando le epoche politiche della Dc, poi quella del Ppi e della Margherita. Oggi è giudice costituzionale di nomina parlamentare. Non mette piede nel Transatlantico di Montecitorio e in una sede di partito da sette anni. Non ha mai aderito ufficialmente al Pd, ma tutti i suoi amici di partito ed ex Dc lo hanno fatto. E’ stato ministro per i Rapporti con il Parlamento nel governo De Mita, della Difesa nel governo D’Alema (fu lui ad abolire la naja, il servizio militare obbligatorio). Nel 1993 ha dato il nome al primo sistema elettorale maggioritario (ribattezzato dal prof. Sartori “Mattarellum”). Ha partecipato alla fondazione del Partito Popolari italiano di cui è stato capogruppo e fiero avversario della candidatura di Rocco Buttiglione alla segretaria del partito, in sostituzione del dimissionario Martinazzoli. Ha sempre avversato la deriva a destra degli ex Dc e quando Forza Italia chiese l’ingresso nel Ppe disse «è un incubo irrazionale».
Mattarella è stato segnato profondamente dalla tragedia del fratello Piersanti, presidente della Regione siciliana, ucciso dalla mafia nel 1980. Il fratello maggiore morì tra le sue braccia: in quel momento decise di continuare la storia politica di Piesanti che non si era piegato a Cosa Nostra. Aderisce alla Dc seguendo Zaccagnini e ammirando Moro. Si lega a De Mita che lo manda in Sicilia per togliere la Dc dalle mani degli andreottiani Lima e Ciancimino. Per tagliare le unghie degli appalti mafiosi e la commistione mafia-politica, scelse un giovane docente universitario, Leoluca Orlando, uno dei principali collaboratori di Piersanti. Ha attraversato Tangentopoli e il crollo della Dc intonso: gli imputarono alcuni buoni di benzina che gli avrebbe regalato un costruttore siciliano per la campagna elettorale, ma ne uscì pulito con l’assoluzione «il fatto non sussiste».
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