Governo, il Pd cerca nuovi alleati: tutti i senatori di Scelta Civica (tranne Monti) pronti ad entrare nello schieramento di Renzi”
«Io non escludo che la consapevolezza che tanti parlamentari hanno acquisito il giorno dell’elezione del Capo dello Stato li renda consapevoli della responsabilità che hanno da qui a 2018». La frase pronunciata questa mattina da Debora Serracchiani, vicesegretario del Partito Democratico, non andrebbe sottovalutata. Usa tre parole chiave: «consapevolezza», «responsabilità» e «2018». La prima e la terza sono immediatamente collegate, frutto di una costatazione che è anche un messaggio esplicito: in Parlamento c’è molta gente che tiene al proprio seggio, lo vuole conservare fino al «2018», ed è «consapevole» che una crisi di governo oggi metterebbe fine alla loro esperienza parlamentare. Forse per sempre. E qui entra in gioco l’altra parola-chiave: «responsabilità». Un termine abusato nel dicembre del 2010, quello dei Razzi e degli Scilipoti che lanciarono una ciambella di salvataggio al governo Berlusconi. E infatti Maurizio Lupi, ministro di Ncd, prova ad allontanare quello che per il partito di Alfano assomiglia a uno spettro: «Di responsabili il governo Berlusconi è morto e spero che le lezioni servano. Le maggioranze stanno in piedi su riforme e contenuti». Eppure qualcosa in Parlamento si sta muovendo. Nuovi «Responsabili» si preparano.
I tre fronti a Palazzo Madama
Anche senza l’appoggio di Forza Italia, il governo Renzi ha i numeri per approvare le riforme costituzionali. Addirittura potrebbe dare il via libero definitivo all’Italicum (alla Camera) senza i voti di Ncd. Certo, il sostegno del Nuovo Centrodestra è oggi decisivo in Senato, dove la maggioranza è risicata. Per questo nella malaugurata ipotesi (per Renzi) di una rottura con Alfano, l’esecutivo punta ad avere le spalle coperte. Intanto il Pd si è assicurato il pieno sostegno dei senatori di Scelta Civica, che domani dovrebbero sciogliere il gruppo e aderire a quello dei democratici (si tratta comunque di uno spostamento all’interno della stessa maggioranza). Ma in Senato sono almeno tre i fronti su cui le diplomazie sotterranee stanno lavorando. Nel gruppo Misto ci sono 16 ex Cinque Stelle: 6 di loro hanno già votato Sergio Mattarella (a cui anche la Serracchiani ha fatto un velato riferimento) e nel Pd sono dati praticamente per acquisiti, ma c’è ottimismo anche sugli altri dieci. Altro fronte è quello di Area Popolare: non tutti sono considerati «alfaniani di ferro», anche perché nel gruppo ci sono 5 ex Scelta Civica, 3 che erano nel gruppo Gal e una ex grillina. Se Alfano decidesse di rompere, non tutti lo seguirebbero. E poi ci sono i 15 del gruppo Gal: 2-3 di loro votano stabilmente con la maggioranza, altri potrebbero aggiungersi. Ultimo fronte è quello interno a Forza Italia: Verdini controllerebbe un pacchetto di senatori (c’è chi dice 10, chi 15) che, in caso di bisogno, sono pronti a sostenere la maggioranza, soprattutto sulle riforme. Del resto una trentina di forzisti ha disobbedito all’ordine di scuderia e votato Mattarella.
Il nuovo gruppo alla Camera
Risolto il problema a Palazzo Madama, a Montecitorio non ci dovrebbero essere problemi. Qui i numeri sono molto più larghi, non c’è il rischio di andare sotto nemmeno in caso di un addio di Ncd (che conta solo su 34 deputati) o di qualche sgambetto della minoranza Pd. È notizia di oggi che dieci ex componenti del Movimento Cinque Stelle hanno dato vita a una nuova componente nel gruppo Misto: Alternativa Libera. Il «frontman» Walter Rizzetto è il capogruppo, Sebastiano Barbanti il tesoriere, mentre Massimo Artini (considerato molto vicino a Matteo Renzi) ne è il «responsabile». Un termine che forse non è stato scelto a caso.
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