Made in Italy, il mercato del tessile annuncia la sua ripresa: le esportazioni crescono del 3,3%
La tessitura italiana, tra i settori chiave del made in Italy, rivede la luce. I dati del 2014 elaborati dal Centro Studi di Sistema Moda Italia, e diffusi in occasione della XX edizione del salone Milano Unica, come si legge in una nota stampa, “sembrano confermare il ruolo anticipatorio nella ripresa economica che la letteratura assegna al settore tessile e in particolare alla tessitura”.
Nel dettaglio, il fatturato complessivo torna sopra gli 8 miliardi di euro, facendo registrare un incremento del 3,8 per cento. “Un risultato – spiega la nota stampa – determinato anche dalla ripresa della domanda interna (+4,4%) che interrompe un ciclo pluriennale caratterizzato da cali significativi o stasi. Si tratta di una crescita – aggiunge il comunicato – che caratterizza tutti i comparti, tranne quello cotoniero, con il settore laniero che concorre per quasi il 40% al fatturato complessivo”. I risultati sono confermati anche dalla crescita della produzione industriale, che, secondo le stime del Centro Studi Smi, depurata dalle vendite di prodotti importati, risulta del +2,9 per cento. La nota stampa segnala anche che “si è quasi fermata l’emorragia occupazionale”, con una discesa di “appena” l’1 per cento.
L’export cresce del 3,3%, con un valore di 4,4 miliardi di euro, con cambiamenti significativi rispetto ai Paesi di destinazione. Ci si concentra, infatti, verso gli Stati Uniti, grazie probabilmente anche alla discesa dell’euro rispetto al dollaro, mentre ci si allontana dall’area asiatica, che da mesi ormai
sta tirando il freno. L’export verso gli Stati Uniti cresce così del 10%, mentre in Europa si segnala la flessione della Germania (-3,4%), che rimane comunque il primo mercato, e quella più leggera della Francia (-1,9 per cento). Nel contempo, calano in maniera significativa la Cina (-9,6%) e Hong Kong (-11,9%), che assieme però, precisa la nota stampa, “restano il secondo mercato di sbocco delle nostre esportazioni”.
Queste ultime, quanto alla tipologia, vedono al primo posto i tessuti a maglia seguiti dai prodotti lanieri, soprattutto pettinati. Le importazioni crescono del 6,5%, attestandosi a oltre 2 miliardi di euro. A fianco di Cina e Turchia, che concorrono a quasi il 50% del valore totale dei tessuti importanti, si registra un’ulteriore crescita delle importazioni del Pakistan, frutto sicuramente, osserva il comunicato del del Centro Studi Smi, “anche delle assurde facilitazioni daziarie accordategli dall’Europa”.
La bilancia commerciale della tessitura italiana presenta un saldo positivo di quasi 2,4 miliardi e concorre per il 25% al saldo complessivo dell’intero settore tessile/abbigliamento, nonostante che il suo peso risulti solo del 15,3% sul fatturato complessivo. “Lo scenario del 2014 – dichiara Silvio Albini, presidente di Milano Unica, nel suo discorso introduttivo al salone italiano del tessile, in programma dal 4 al 6 febbraio a Fieramilanocity, a Milano – negli ultimi mesi è in parte mutato. Alcune nuvole economiche e geopolitiche sono comparse all’orizzonte: la crisi in Russia e in Ucraina, la pesantissima svalutazione del rublo, la difficile situazione in Nord Africa, in Medio Oriente che tocca anche la Turchia, in Cina, a Hong Kong e a Macau, i riflessi profondi della politica di austerità del governo cinese. Brasile e America del Sud in forte rallentamento”.
Tutti avvenimenti, prosegue Albini, che “ci preoccupano, così come preoccupano i nostri clienti. Ma non dobbiamo drammatizzare troppo: il settore tessile è stato fra i primi a essere investito dalla globalizzazione, ha sofferto tantissimo, ma ora abbiamo imparato ad essere nel mondo per bilanciare i rischi e cogliere tutte le possibili opportunità. Siamo consapevoli e ormai abituati a navigare in acque difficili. E di opportunità, oltre che di minacce, ce ne sono pure non poche all’orizzonte. In primo luogo i sommovimenti dei tassi di cambio”. Che, come detto, facilitano per esempio l’export verso gli Usa.
“Negli ultimi anni – conclude il numero uno di Milano Unica – abbiamo esportato mediamente oltre il 55% del nostro fatturato con un euro fortissimo, troppo forte, un tasso non corrispondente allo stato dell’economia europea. Oggi, con le nuove parità, moltissimo è cambiato, non solo sul mercato americano, in questo momento uno dei più dinamici al mondo, ma in tutte le aree legate al dollaro. Saranno favorite le esportazioni e saranno meno competitive le importazioni”.
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