Situazione greca, la Barclays lancia l’allarme: “Se Atene lascia l’Europa l’Italia perde 61,2 miliardi”
Altro che i 30-40 miliardi di cui si è parlato finora: l’esposizione dell’Italia verso la Grecia, che diventa automaticamente a rischio nel caso di uscita di Atene dall’euro, arriverebbe a 61,2 miliardi. Il calcolo è della Barclays, una delle tante banche internazionali che stanno sfornando i loro report in queste ore drammatiche per Atene. In tutti il tono è completamente cambiato rispetto a pochissimi giorni fa: ormai si ragiona esplicitamente delle conseguenze della Grexit, vista come un evento possibile, e forse di più. Nella media dallo 0-10% le possibilità sono salite al 20-30 e ancora peggio. E si fanno i calcoli dei costi per i partner europei.
La Barclays si limita a dire che “le possibilità di uscita sono più alte adesso che nel 2012 (anno della precedente fase acuta della crisi, ndr ) “, ma poi mette nero su bianco delle cifre da brivido. La tabella sull’official exposure per l’Italia recita: 10 miliardi di prestiti bilaterali, 27,2 tramite il fondo salvastati, 4,8 come quota parte dell’operazione Securities Markets Programme del 2012 (l’acquisto di titoli di debito da parte della Bce di cui peraltro beneficiò anche il nostro Paese), 19,2 come passività derivanti dal Target 2 (il sistema di compensazione dei pagamenti fra banche nazionali coordinato dalla Bce che rimarrebbe congelato dalla Grexit). Le ultime due voci sono calcolate sulla base del capital key, la quota dell’Italia nel capitale Bce che è del 17%. Totale: 61,2 miliardi, il 3,8% del Pil. La terza perdita secca d’Europa, dopo i 91,6 della Germania e i 70,1 della Francia, entrambe però limitate al 3,3% del Pil. Molto peggio andrebbe per i soci “minori” dell’eurozona: per l’Estonia l’esposizione è del 4,3% del Pil, per la Slovacchia del 4,2, per Malta del 5,3.
Non è l’unico calcolo allarmante del rapporto
Il problema, dice la Barclays, è che sarebbe un’uscita brusca e traumatica: “La storia insegna che pochi governi sono sopravvissuti in casi del genere”. Come negli altri casi, “le più colpite sarebbero le classi medie, senza soldi all’estero né speciali proprietà”. La fuga dei depositanti dalle banche sarebbe precipitosa, prima ancora che venga fissato il nuovo cambio della dracma, “e sarebbe quasi inevitabile la statalizzazione degli istituti dopo il loro collasso”. Ma gli scenari non sono molto migliori neanche senza uscita dall’euro. Il debito pubblico greco, per esempio, se Atene resterà nel programma della Troika scenderà dal 175 al 120% nel 2020, ma se si chiama fuori nello stesso anno sarà ancora del 155% e bisognerà aspettare il 2030 per giungere al 123%. E tutto questo ammettendo che venga concesso ad Atene l’azzeramento degli interessi per 20 anni. “La Grecia resterebbe per decenni altamente esposta a shock fiscali – si legge nel rapporto – e dipendente da aiuti finanziari”.
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