Ucraina, la ‘tregua’ dà i primi segnali di cedimento: il governo attacca i Separatisti: “Stanno cannoneggiando Donetsk, 112 attacchi nelle ultime ore”
E’ una tregua fragile quella in vigore nell’est dell’Ucraina tra l’esercito di Kiev e i ribelli filorussi. Una tregua che nasce dagli accordi di Minsk della settimana scorsa siglati durante l’incontro tra Vladimir Putin, Angela Merkel, Francois Hollande e Petro Poroshenko.
I segnali che arrivano dal fronte fanno capire che non c’è stato nessuno stop nei combattimenti: il governo ucraino ha riferito che almeno cinque soldati ucraini sono rimasti uccisi e 25 feriti negli scontri armati da quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, alla mezzanotte di sabato, e oltre 112 attacchi sono stati condotti dai separatisti in queste ultime ore. Il protrarsi dei combattimenti ha spinto l’esercito di Kiev a non dare attuazione ad uno dei punti concordati a Minsk, cioè il ritiro delle armi pesanti dal fronte di guerra. Il portavoca dell’esercito ucraino Vladyslav Seleznyov ha aggiunto: “Come possiamo ritirare le armi se i ribelli ci attaccano con blindati e ci sparano continuamente addosso?”. Pesanti bombardarmenti sulla città di Donetsk sono segnalati anche nelle ultime ore. A loro volta anche i separatisti filorussi hanno puntato il dito contro violazioni della tregua da parte delle forze ucraine, in particolare contro alcune località sotto il controllo dell’autoproclamata repubblica popolare di Donetsk e hanno annunciato che neanche loro procederanno al ritiro delle armi pesanti.
Accuse ai ribelli sono giunte anche dall’Osce che dovrebbe monitorare con i suoi osservatori il rispetto della tregua. Nella città di Debaltsevo, snodo ferroviario di importanza cruciale dove migliaia di soldati ucraini sono circondati dalle truppe ribelli, gli osservatori non sono stati fatti entrare. L’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa ha dichiarato che i separatisti filorussi impediscono l’accesso in città, cosa indirettamente confermata dagli insorti già alla vigilia della tregua, annunciando che avrebbero fatto tacere le armi ovunque, ma non in questa città, “di cui non si dice una parola negli accordi di Minsk”. Ieri il leader dell’autoproclamata repubblica di Donetsk, Aleksander Zakharchenko, aveva chiesto la resa delle forze ucraine a Debaltsevo e nelle aree urbane limitrofe. Proprio i vertici dei separatisti hanno posto una nuova condizione a Kiev: l’Ucraina deve mantenere lo status di Paese neutrale. Un suo avvicinamento alla Nato farà saltare gli accordi di Minsk. “Qualsiasi avanzamento di Kiev in direzione della Nato o di qualsiasi altra alleanza militare anti-russa è per noi inaccettabile – si legge in una dichiarazione pubblicata dal sito dell’agenzie di notizie di Donetsk- in questo caso sospenderemo immediatamente la cooperazione con Kiev e riterremo nulli gli accordi di Minsk”.
Intanto emergono nuovi particolari sulla nuova black list dell’Unione europea con i fiancheggiatori dei ribelli ucraini che è entrata in vigore questa mattina e che si va ad aggiungere alle sanzioni già varate nei mesi scorsi. Nell’elenco compaiono due viceministri della Difesa di Mosca, Arkady Bakhin e Anatoly Antonov, inclusi nella lista perchè “sostengono il dispiegamento delle truppe russe in ucraina”. Il ministro degli Esteri russo ha definito le nuove misure “illogiche e incoerenti” e ha affermato che la Russia risponderà “adeguatamente”.
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