Libia, l’Isis adotta una nuova strategia: Portare l’Italia al collasso con un esodo di profughi, si temono 200 mila arrivi
Il video dell’Isis che mostra la decapitazione degli egiziani copti e minaccia l’Italia è stato girato prima che il nostro governo ipotizzasse un intervento militare in Libia. Ed è proprio questo a preoccupare i responsabili della sicurezza. Gli analisti ritengono che il rischio di un attacco sul nostro territorio sia adesso più concreto come mai era stato in passato, ma non sottovalutano anche i pericoli che arrivano dai trafficanti di uomini, nella maggior parte ex miliziani del regime. L’ipotesi ritenuta verosimile è quella di un esodo di massa, almeno duecentomila stranieri caricati sui barconi e mandati verso l’Europa. Persone arrivate in Libia nei mesi scorsi con la prospettiva di imbarcarsi e adesso ammassate nei porti per costringerle a partire proprio nel tentativo di creare una situazione di caos. Tra loro, migliaia di egiziani in fuga per il terrore di essere sequestrati e uccisi che non riescono a rientrare in patria perché dovrebbero passare dalle zone già occupate dai fondamentalisti dell’Isis.
I 58 sbarchi
I numeri danno il quadro della situazione. Dall’inizio dell’anno ci sono stati 58 sbarchi per un totale di 6.176 tra profughi e clandestini. Vuol dire il 100 per cento di aumento rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, durante il quale ci fu già il record di arrivi. Una situazione drammatica che costringe il Dipartimento immigrazione del Viminale guidato dal prefetto Mario Morcone a rivedere la strategia di accoglienza e di distribuzione sul territorio. I posti a disposizione nei Centri del ministero dell’Interno sono praticamente finiti. Basti pensare che soltanto a Lampedusa ieri sera c’erano 800 persone, vale a dire il doppio della capienza. Ci sono altre strutture dove si possono ricavare alloggi, ma lo spazio è comunque limitato e dunque già oggi sarà inviata a tutti i presidenti di Regione una richiesta per la messa a disposizione di altri luoghi. L’alternativa è quella di requisire gli stabili per garantire l’assistenza a chi richiede asilo.
Il pattugliamento
Per questo bisogna rimodulare gli interventi in mare, evitando però di spingersi troppo a ridosso delle coste libiche come accaduto due giorni fa alla motovedetta della Guardia costiera minacciata da uomini armati di kalashnikov dopo un intervento di salvataggio al largo di Tripoli, con i marinai costretti a restituire ai miliziani il barcone appena sequestrato. Una situazione di massima allerta che spinge il ministro dell’Interno Angelino Alfano a convocare una riunione con il capo della polizia Alessandro Pansa e i responsabili dell’Immigrazione proprio per affrontare ogni aspetto dell’emergenza e prepararsi a una situazione che rischia di diventare drammatica entro poche settimane. E convince il titolare della Farnesina Paolo Gentiloni sulla necessità di sollecitare nuovamente l’Unione Europea a potenziare lo spiegamento di mezzi di Triton perché «l’emergenza umanitaria è evidente, drammatica e crescente». L’ipotesi ventilata nei giorni scorsi su un ripristino di «Mare Nostrum» sembra definitivamente archiviata proprio con l’aggravarsi della crisi libica. Anche perché se la situazione dovesse ulteriormente degenerare nelle prossime settimane ci si troverebbe costretti a prevedere un corridoio umanitario, ma non sarebbe l’Italia a doverlo aprire, né gestire.
La minaccia
Nell’incontro convocato da Alfano si è naturalmente affrontato il problema del dispositivo di sorveglianza degli obiettivi sensibili affidato ai militari. Già al massimo livello è stata portata la scorta per lo stesso Gentiloni definito «ministro crociato» in un proclama alla radio dell’Isis. La certezza che i fondamentalisti abbiano il controllo di molte aree della Libia preoccupa per la rapidità dell’avanzata. E soprattutto per il continuo richiamo ai combattenti che si trovano già in Europa affinché agiscano con un atto eclatante. L’esortazione che rimbalza continuamente sui siti Internet è quella di attaccare con ogni mezzo e in qualsiasi luogo.
Social