Inchiesta Grandi Opere, Lupi getta la spugna: “Mi dimetto, devo difendere i miei cari”. A Renzi l’interim alle Infrastrutture
Dopo quattro giorni di intercettazioni e pressioni, e l’ultimo decisivo vertice stamattina con Matteo Renzi, Maurizio Lupi getta la spugna. L’annuncio delle dimissioni arriva dal salotto di Porta a Porta, alla vigilia dell’informativa, domani in Aula alla Camera, fortemente voluta dal ministro per difendersi da accuse che considera ingiuste. «La mia decisione rafforzerà l’azione del governo», è la garanzia del ministro ciellino che toglie le castagne dal fuoco a Ncd e al Pd che subito lo ringrazia per il «beau geste».
Non aveva alternative, ormai, il titolare delle Infrastrutture, finito sotto il tiro incrociato delle opposizioni, pronte a votare martedì prossimo la mozione di sfiducia. Ma soprattutto lasciato solo dal Pd e dal premier che, da giorni, gli avevano fatto capire che, nonostante non fosse indagato, la vicenda di intrecci tra politica e appalti era politicamente insostenibile per un governo che fa della lotta alla corruzione uno dei suoi vessilli. E che tra poco più di un mese si prepara ad inaugurare la vetrina dell’Expo. Dopo aver tentato per alcuni giorni di difendere l’onore suo e della sua famiglia, Lupi, che esce dal ministero di Porta Pia ma «non dalla politica che è passione e non poltrone», spiega, oggi ha deciso che il suo cammino da ministro era al capolinea.
«Renzi non mi ha chiesto le dimissioni» e Ncd «mi ha sostenuto», ci tiene a precisare l’esponente centrista assicurando una sua scelta personale. Ma certo, pur evitando affondi pubblici, il premier aveva fatto capire a Lupi che la vicenda non poteva chiudersi con le spiegazioni in Aula del ministro. D’altra parte ancora oggi nuove intercettazioni parlano di telefonate di Lupi ad Ettore Incalza per «consulenze e suggerimenti» al figlio. Oggi l’ultimo chiarimento con Renzi e la telefonata al presidente della Repubblica Sergio Mattarella per comunicare che «dopo l’informativa – racconta il ministro – che ho fortemente voluto domani in parlamento rassegnerò le mie dimissioni».
L’annuncio in tv depotenzia la difesa domani in Aula e toglie dall’imbarazzo il Pd che, nel dibattito, avrebbe dovuto mettere agli atti la mancata difesa di un ministro del governo. Così come evita il voto di sfiducia di martedì, sul quale il Pd aveva fatto intendere che avrebbe lasciato libertà di coscienza ai deputati. «Su Lupi il Pd avrà una posizione congiunta perchè la situazione, al netto di qualsiasi scelta garantista, è abbastanza insostenibile», si diceva certo in mattinata Gianni Cuperlo. E anche un renziano di ferro come Roberto Giachetti parlava di un «problema di etica politica» che doveva spingere il ministro ciellino al passo indietro.
Il passo indietro viene apprezzato dal Pd come «un atteggiamento ragionevole e serio – plaude il vicesegretario Lorenzo Guerini – che dimostra la sua attenzione per le istituzioni». Anche Alfano loda la decisione di «un uomo delle istituzioni, perbene e onesto», assicurando che «Lupi non si dimette da politico». Sull’addio di Lupi, invece, non sembra stupito Silvio Berlusconi che oggi, a pranzo con i fedelissimi, avrebbe spiegato come fosse prevedibile che nessuno al governo l’avrebbe difeso e che il ministro ciellino «è un’altra vittima di Alfano e Renzi».
A questo punto il premier dovrà decidere se tenersi l’interim alle Infrastrutture, almeno fino all’avvio dell’EXpo, o nominare un nuovo ministro in grado di avviare un repulisti che porti aria più pulita in un dicastero strategico. Così come è prevedibile un mini-rimpasto di governo per garantire gli equilibri con Ncd: per questo Gaetano Quagliariello è dato, dai rumors, al ministero degli Affari Regionali, lasciato libero dopo l’addio di Maria Carmela Lanzetta.
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