Andreas Lubitz, ecco chi era il pilota suicida. Già in passato aveva sospeso l’addestramento per problemi depressivi
Il sogno di diventare un pilota, le capacità di realizzarlo e diventare un esempio e tutte le qualità del «caro ragazzo di buona famiglia» che ricordano a Montabaur.
Andreas Lubitz, 28 anni, il copilota responsabile di aver deliberatamente distrutto l’aereo Germanwings portandosi via altre 149 persone in volo, in Germania è da oggi invece un «Amok-pilot», neologismo forgiato sul solco di quei matti che impugnano le armi nelle scuole e fanno stragi.
Il profilo limpido di questo giovane ineccepibile che ha origini in una cittadina di neppure 13mila anime che oggi fa i conti con il disastro aereo provocato da uno dei suoi ‘figlì, nasconde un dettaglio che potrebbe diventare la chiave dell’inchiesta: anni fa Lubitz era stato depresso, secondo le rivelazioni di una cara amica, aveva avuto una sorta di «burnout». E aveva interrotto la formazione come pilota per molti mesi. Una cesura, nel percorso professionale, citata anche dall’ad di Lufthansa Carsten Spohr, in conferenza stampa. Il ceo della compagnia tedesca però non ha detto quali fossero i motivi.
Il copilota lasciato solo alla guida dell’Airbus A320 andato a schiantarsi come un missile su una montagna delle Alpi francesi aveva interrotto l’addestramento iniziato nel 2008 a Brema con la Lufthansa sei anni fa, per disturbi psicologici. E si era confidato con un’amica, che adesso fra le lacrime lascia parlare sua madre con la Frankfurter Allgemeine Zeitung, per rivelare questa brutta storia che, finita fra le pieghe di un curriculum brillante, ha provocato una strage. In un paese attonito, che tenta la carta del turismo e punta tanto per crescere sul suo bel castello e su quelle case a graticcio in grado di conferire un’aura fiabesca a tante cittadine della provincia tedesca, il giovane Lubitz è ricordato da chi lo conosceva come un tipo «aperto, simpatico e molto ambizioso», come dicono di lui alla scuola di volo che frequentava. «Talvolta forse un pò troppo tranquillo», si spinge a commentare qualcuno del vicinato, riflettendo adesso sull’accaduto.
Un tipo comunque normale, che nessuno avrebbe creduto capace di un gesto del genere. I vicini di casa sostengono di non aver mai notato qualcosa di strano, pur ammettendo di aver scambiato solo il classico saluto di inizio e fine giornata. La casa bianca col tetto spiovente è invece oggi assediata dalla stampa di tutto il mondo, e blindata dalla polizia: in serata gli inquirenti della procura hanno portato via tre sacchi blu, uno scatolone, un pc. E alla fine un uomo avvolto in una coperta si è infilato in un mezzo della procura: potrebbe anche essere il padre, rientrato dalla Francia. Seicentotrenta ore di volo alle spalle, non era certo un pilota di lunga esperienza, ma Lubitz era fra i più brillanti della sua generazione: citato come esempio positivo dalla Federation aviation administration, della quale aveva conseguito un certificato di eccellenza nel 2013.
Dopo la scuola della Lufthansa seguita a Brema, aveva iniziato a lavorare con la low cost della compagnia, prima come steward poi come pilota. Il sogno che aveva da ragazzo si era realizzato, al meglio. E il talento raccontato da tutti lascia ancor più sgomenti nella sua città. I familiari non sono nella casa perquisita oggi dalla Procura di Dusseldorf: si trovano a Marsiglia, dove erano volati fra i parenti delle vittime, senza poter immaginare di essere congiunti di chi, stando alle rivelazioni, avrebbe provocato il clamoroso incidente che ha trascinato nel lutto mezza Europa e le famiglie di tanti ragazzi. «Ha ucciso tutti quei ragazzi!», è il commento di qualcuno, che esprime il cordoglio di una città sprofondata in un sorta di mortificazione. C’è anche chi pensa alla mamma di Andreas: «Come potrà sopportare che il figlio abbia fatto una cosa così?».
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