Controlli sui piloti di aerei: dall’elettroencefalogramma fino agli esami del sangue, ma pochissimi test psicologici. In Italia gli standard più elevati
Quando si tratta di controllare lo stato fisico di un pilota non si fanno mai sconti. Dall’elettroencefalogramma, fino agli esami del sangue, le verifiche dei centri medici specializzati in Europa sono sempre approfondite e di norma avvengono almeno una volta l’anno fino ai 60 anni per poi raddoppiare in età avanzata. Meno stringenti appaiono, invece, i riscontri sull’eventuale uso o abuso di alcol e droghe da parte dei comandanti europei. C’è chi, come il nostro Paese, ha scelto di applicare norme molto severe, obbligando i centri medici specializzati a effettuare test a campione almeno una volta o più l’anno. Altri in Europa, invece sono di manica larga: anche in Germania i test vengono eseguiti contestualmente al previsto check-up annuale, annullando ogni eventuale effetto sorpresa.
Ancora più labili sono poi gli accertamenti sullo stato mentale di chi ha tra le mani la responsabilità di centinaia di vite. Da noi il test “Minnesota” oltre a un faccia faccia medicopilota, possono mettere a fuoco l’idoneità mentale del comandante. In altri Paesi e nella stessa Germania, questo tipo di approfondimento non è regolare e spesso non viene nemmeno effettuato se non in seguito a richieste specifiche di colleghi dell’eventuale soggetto “a rischio”.
“Sono stato testimone di alcuni casi del genere – spiega un primo ufficiale italiano che preferisce restare anonimo – uno in particolare avvenuto pochi mesi fa. Un nostro collega ha improvvisamente mostrato segni di insofferenza, squilibrio verso il comandante fino a minacciarlo ed entrando in contatto con lui in maniera violenta”. Per quel pilota è scattato immediatamente un rapporto alla comaggiunge pagnia e la sospensione dal servizio.
La tenuta fisica di un comandante – avvertono da tempo i piloti europei – è fondamentale per mantenere la lucidità necessaria a portare a temine più voli al giorno. In Europa entro la fine dell’anno, diventeranno operative delle regole sull’impiego dei comandanti molto più “blande” anche rispetto agli standard del Nord America che su questo, e altri punti, si è dato ormai norme molto più votate alla sicurezza. Un esempio su tutti: negli Usa esiste un limite “minimo” di ore volate per potersi sedere sul sedile destro di una aereo di linea, quello riservato ai piloti meno esperti. Nell’Europa che cerca di abbassare sempre di più i costi, non ci sono limiti minimi e può capitare, in alcune compagnie più “spregiudicate” di vedere sedere accanto al comandante un novellino con 300 o poche più ore di volo, cioè pochi mesi di pratica. “In questi casi – il primo ufficiale – io rabbrividisco: certi colleghi inesperti li manderei a pilotare al massimo un velivolo con lo striscione pubblicitario, mai un aereo passeggeri”.
Altro tema molto caldo quello del “pay to fly”, e cioè la scomparsa progressiva delle scuole di volo interne alle compagnie e la tendenza a far pagare gli aspiranti piloti per poter aprire loro le porte del mestiere. Se Lufthansa ne ha una blasonata ancora in attività ed Etihad (Alitalia) ne sta mettendo su una che si annuncia molto professionale, altre compagnie hanno scelto la strada della chiusura preferendo la “scuola guida” direttamente sui propri aerei. In sostanza si tende a prendere piloti usciti da scuole di volo private (si paga da 40 a 100mila euro) per poi istruirli, in alcuni casi a pagamento, pure sui voli di linea.
Ci sono infine altri pericoli incombenti sulla tranquillità di un volo
Uno è il possibile abuso di alcol o di droghe. Da noi le verifiche sono improvvise e a campione e avvengono da una a tre volte l’anno senza alcun preavviso. “L’utilizzo di qualsiasi droga è ovviamente vietato, bere con moderazione è permesso solo “fuori servizio” – conclude l’ufficiale – e mai prima del volo”.
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