Londra, trapiantato per la prima volta un cuore non battente: “E’ stato riattivato l’organo spento”
Nel Regno Unito è stato effettuato il primo trapianto di cuore da cadavere in Europa: l’intervento, di cui danno notizia i principali quotidiani inglesi, è stato portato a termine al Papworth Hospital nel Cambridgeshire su un londinese di 60 anni che ha ricevuto un cuore da un cadavere, ed è perfettamente riuscito.
Fino ad ora era stato possibile trapiantare cuori ancora in funzione da pazienti in stato di morte celebrale. Ma i chirurghi dell’ospedale britannico hanno dimostrato che anche un cuore morto può essere riattivato. Il primo intervento è stato portato a termine un mese fa e il paziente che ha ricevuto il nuovo cuore “morto” si sta riprendendo bene, tanto da essere stato dimesso dopo quattro giorni di ricovero. Il report pubblicato sul sito del Papworth Hospital non specifica da quanto tempo fosse avvenuto il decesso del donatore e invece proprio questa è l’informazione ritenuta fondamentale da gran parte degli esperti per poter esprimere un giudizio compiuto sulle prospettive della tecnica sperimentata in Gran Bretagna.
L’INTERVISTA Il presidente del Centro nazionale trapianti: “Problema è tempo di accertamento della morte: in Gb è 5 minuti, in Italia è 20″
“Prima dell’intervento riuscivo a malapena a camminare, ora mi sento più forte giorno dopo giorno – ha raccontato il paziente, Huseyin Ulucan, in lista d’attesa per un cuore nuovo dopo un grave infarto nel 2009 – e cammino senza problemi”.
Gli unici precedenti per una tecnica simile riguardano l’Australia (2014) e gli Usa.
Secondo Stephen Large, che ha guidato l’equipe medica nel progetto, la nuova tecnica potrebbe determinare un incremento di un quarto dei trapianti di cuore nel Regno Unito, riducendo liste d’attesa in continua crescita e permettendo di salvare centinaia di vite. Il cuore morto è stato riattivato nel ricevente attraverso una pompa che ne ha permesso il monitoraggio per un’ora, in maniera da accertarne l’efficienza, prima del collegamento al sistema vascolare.
In sostanza, la procedura seguita è la stessa adottata abitualmente per il trapianto di organi quali i reni e il fegato: il cuore è stato di fatto ibernato e alimentato con i nutrienti indispensabili alla conservazione, poi è stato impiantato e ‘riattivato’ dopo l’ora di monitoraggio.
“Ipoteticamente – ha commentato all’Agi Francesco Musumeci, primario di Cardiochirurgia del San Camillo di Roma – si può pensare di trapiantare il cuore di un cadavere solo se l’organo viene prelevato nel giro di 10-15 minuti dopo che ha smesso di funzionare. Questo significa che l’equipe medica deve essere presente al momento della morte del donatore, un’evenienza non così comune da pensare di poter accorciare significativamente le liste d’attesa. Un cuore non può più essere trapiantato senza perfusione di sangue per più di 15 minuti. Ritengo che sia più probabile che i medici britannici abbiano prelevato subito l’organo dal paziente deceduto per poi trattarlo opportunamente fino al suo trapianto – ha spiegato Musumeci – . Sarebbe sicuramente la prima volta che viene eseguita una procedura simile sul cuore. Per fare una valutazione più corretta e onesta dell’intervento dovremmo avere tutte le informazioni necessarie e sarebbe più corretto aspettare di leggere la descrizione della procedura su una rivista scientifica”.
Ignazio Marino, sindaco di Roma e chirurgo specializzato in trapianti, ha detto che la tecnica sperimentata in Gran Bretagna sottolinea l’urgenza di adeguare le norme in Italia:
“La legge italiana – ha spiegato Marino – richiede 20 minuti di cuore fermo prima di poter intervenire per la donazione, mentre le leggi di altri paesi europei, come l’Inghilterra e gli Stati Uniti, prevedono 5 minuti. Se rimane il tetto dei 20 minuti, in Italia non avremo mai la possibilità di utilizzare gli organi perché i tessuti, trascorso quel tempo, saranno già danneggiati”.
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