La Consulta boccia il blocco Fornero alla rivalutazione delle pensioni nel 2012-2013. Conto da 5 miliardi per lo Stato. Palazzo Chigi: “Troveremo una soluzione”
Lo stop alla rivalutazione automatica delle pensioni per gli assegni superiori a tre volte il minimo è incostituzionale. E’ la Consulta oggi, con una decisione lungamente attesa dai sindacati e paventata dal governo, ad aver bocciato la norma con cui l’allora governo Monti, decise, per far fronte alla grave crisi economica che attanagliava il Paese, di bloccare l’adeguamento al costo della vita per gli assegni dai 1.400 euro lordi in su. Non propriamente, dunque, pensioni d’oro. Ad elaborare la norma l’ex ministro del Lavoro, Elsa Fornero, che la inserì nel Salva Italia, il decreto che accolse anche la draconiana riforma delle pensioni e che peserà sui conti pubblici, come già calcolato prima della sentenza, per quasi 5 miliardi di euro, 1,8 miliardi per il blocco effettuato nel 2012 e 3 miliardi per quello nel 2013.
Da Palazzo Chigi filtra comunque ottimismo. “Stiamo verificando l’impatto che la sentenza della Consulta può avere sui conti pubblici, non sarà una prova facile, ma non siamo molto preoccupati”, si spiega. “Siamo al governo -aggiungono le stesse fonti- proprio per risolvere le questioni complesse, per dare risposte certe e chiare, per trasformare le eventuali criticità in opportunità. Dunque calma e gesso. Studieremo la sentenza, troveremo la soluzione”.
A far decidere i magistrati della Corte Costituzionale il richiamo generico alla “contingente situazione finanziaria, senza che emerga dal disegno complessivo la necessaria prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, nei cui confronti si effettuano interventi così fortemente incisivi”, si legge nella sentenza.
E la Consulta affonda il colpo quando sancisce che la norma causò un “irragionevole sacrificio” nel nome “di esigenze finanziarie non illustrate nel dettaglio” e fece di fatto saltare il diritto ad una prestazione previdenziale adeguata. Risultano quindi intaccati, aggiungono i giudici, “i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita e l’adeguatezza”.
Esultano i sindacati che dal 2011 denunciano lo ‘scippo’ ai danni dei pensionati e si vedono confermare la necessità di rimettere mano alla riforma Fornero.”Ora è bene sanare questa ingiustizia perché i pensionati meritano di vedere tutelata la propria pensione, così come abbiamo sempre sostenuto fin dal governo Monti”, scandisce il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone. Soddisfatta anche la Uil. “È una sentenza che finalmente fa giustizia. Adesso il Governo Renzi restituisca il maltolto a milioni di pensionati”, dicono all’uniscono il segretario confederale, Domenico Proietti e il segretario generale Uilpensionati, Romano Bellissima. A invocare un cambio di passo è la Cisl. “Il pronunciamento della Consulta deve servire da monito per il futuro, sia per il Governo che per il Parlamento. Il risanamento della finanza pubblica si realizza intervenendo sulle enormi aree di spreco ed inefficienza della spesa pubblica e aggredendo la corruzione e l’illegalità fiscale non riducendo i diritti fondamentali riconosciuti da uno Stato sociale che va, anzi, preservato e ammodernato per affrontare più efficacemente le nuove emergenze sociali e per continuare a soddisfare i bisogni della popolazione nell’età anziana”, spiega il segretario confederale, Maurizio Petriccioli.
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