Via libera del Consiglio Ue alla missione navale per distruggere i barconi degli scafisti. Ma sulle quote da ripartire, grande corsa a tirarsi indietro
Via libera del Consiglio Ue alla missione navale contro le reti di scafisti nel Mediterraneo. Lo annuncia l’alto rappresentante Ue, Federica Mogherini, con un tweet: “La decisione di stabilire una missione navale Ue per distruggere il modello di business dei contrabbandieri e delle reti di trafficanti nel Mediterraneo è stata appena presa”. “Speriamo che – ha aggiunto in conferenza stampa – che questa operazione possa essere lanciata ufficialmente e formalmente già a giugno”.
Il Consiglio dei ministri degli esteri e della difesa ha quindi approvato la base legale per la missione navale della Ue contro i trafficanti. Essa, secondo quanto indicato da fonti europee, comprende tutte le tre fasi previste nel cosiddetto CMC (Crisis management concept, il progetto di missione), ma “per le fasi successive alla prima – azioni in acque internazionali e raccolta di informazioni – servirà una “ulteriore valutazione”. Il quartiere generale della missione navale della Ue sarà a Roma ed il comando è stato affidato all’ammiraglio italiano Enrico Credendino.
I ministri degli Esteri e della Difesa dell’Ue oggi hanno fatto il primo passo verso la missione che prevede il dispiego di mezzi navali e aerei da ricognizione europei al largo della Libia per ricercare e trarre in salvo i migranti, ma anche operazioni per la cattura e il sequestro dei barconi utilizzati dagli scafisti, se l’Onu darà il via libera alla risoluzione che fornirà il “quadro legale” alle operazioni. Una volta ottenuto il mandato Onu, il piano della missione navale sarà sottoposto all’approvazione dai capi di Stato e di governo al Consiglio europeo del 25 e 26 giugno, a Bruxelles. La Francia, la Gran Bretagna, la Germania, la Spagna e l’Italia. hanno già promesso navi. Polonia e Slovenia impegnerebbero aerei da ricognizione ed elicotteri.
I costi. Secondo il sito Bruxelles2 specializzato nelle questioni di sicurezza e difesa Ue, i costi comuni dell’operazione (finanziati da tutti i paesi membri, salvo la Danimarca che ha un opt-out) ammonterebbero a circa 14 milioni di euro, la stessa cifra dell’operazione Atalanta, a cui Eunavfor Med largamente si ispira.
Operazioni militari in Libia. L’alto rappresentante della politica estera dell’Ue, Federica Mogherini, ha escluso invece operazioni militari in territorio libico. Per ottenere il mandato Onu, Mogherini è stata due volte a New York negli ultimi dieci giorni: per essere pienamente operativa, è necessario che il Consiglio di Sicurezza approvi una risoluzione in base al capitolo 7, che fa riferimento all’uso della forza.
Più in generale, il capo della diplomazia europea si è augurata che i Ventotto consentano all’Ue di essere “efficace”: è stata una risposta alla Francia, ultimo Paese – dopo Gran Bretagna, Ungheria e Polonia – a mettere in discussione la questione delle quote di ripartizione dei migranti. “E’ chiaro – ha aggiunto – che la condivisione della responsabilità e cosa facciamo delle persone che salviamo è parte integrante della strategia complessiva”. Anche il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, ha tenuto a sottolineare che sul principio di condivisione delle responsabilità per l’accoglienza non si devono fare “passi indietro”: “Sarebbe francamente molto amaro constatare che quell’iniziativa e quella disponibilità a rendere quel problema un problema europeo, e non solo italiano, facesse passi indietro”. Per il titolare della Farnesina agli impegni “presi e dichiarati dobbiamo ora far corrispondere i fatti” senza “tornare indietro, perchè l’Europa non farebbe una figura all’altezza dell’Europa”.
La posizione Nato. Intanto, anche se finora non c’è stata alcuna richiesta da parte dell’Ue, la Nato ha fatto sapere che è “pronta ad aiutare” la missione contro gli scafisti. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica, Jens Stoltenberg, ha anche spronato i Ventotto ad agire anche perché – ha detto, rilanciando quello che è il timore di molti – sui barconi potrebbero imbarcarsi anche terroristi, confondendosi con i migranti.
Il nodo delle quote, la Francia. Il consiglio di oggi è, quindi, anche l’occasione per capire quali siano effettivamente le intenzioni del governo francese. Dopo l’uscita ambigua del primo ministro Manuel Valls, secondo cui la proposta delle quote migranti “non corrisponde alla posizione della Francia”, la stampa francese e internazionale comincia a parlare di un voltafaccia del governo di Parigi. Valls si è detto contrario alle quote applicate a tutti i migranti (quindi anche quelli “economici”) e non solo ai rifugiati (che invece sono gli unici interessati dalla proposta della Commissione). Il primo ministro francese, inoltre, ha detto che Parigi vuole un sistema di ripartizione più equo che tenga conto dei rifugiati già accolti in ciascuno stato membro, e questo è esattamente uno dei criteri che il piano della Commissione europea propone di applicare per decidere le quote (insieme a Pil, popolazione e tasso di disoccupazione in ogni paese).
La Spagna. Anche il ministro degli Affari Esteri spagnolo, José Manuel García Margallo, ha espresso perplessità sulla suddivisione delle quote: “Lo sforzo di solidarietà – ha detto – deve essere proporzionato, giusto e realistico, cosa che i criteri proposti dalla Commissione europea non sono”. In particolare la Commissione per calcolare le quote per ogni Paese tiene conto per il 40% del Pil, per un altro 40% della popolazione e per un 10% ciascuno della disoccupazione e dello sforzo che i Paesi hanno già effettuato per ospitare i migranti. “Questi ultimi due criteri sono sottorappresentati”, ha spiegato Garcia-Margallo.
L’Ungheria. Ad aggiungere problemi è arrivata la presa di posizione di Szabolcs Takacz, ministro per i rapporti con l’Europa del governo ungherese di Viktor Orban: “La posizione del mio governo è chiara: siamo contrari alle quote obbligatorie. E credo lo siano anche altri Paesi, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, i Paesi Baltici, la Polonia e il Regno Unito. E, se non sbaglio, ora si è aggiunta anche la Francia”. Parlando con la Stampa, Takacz ha detto che vanno trovate “soluzioni direttamente nei Paesi che sono all’origine dell’immigrazione”.
Social