Jihad violenze e orrori: ragazza di 20 anni bruciata viva perché si rifiuta di fare sesso con miliziani dell’Is
Una ragazza di 20 anni che era stata catturata dai jihadisti del sedicente Stato islamico (Is) “è stata bruciata viva per essersi rifiutata di prendere parte a un atto di sesso estremo” con l’uomo che l’aveva resa sua schiava. E’ uno degli episodi raccapriccianti raccontati da Zainab Bangura, inviata Onu per i crimini sessuali nelle zone di conflitto, al suo rientro da un viaggio in Siria, Iraq, Turchia, Libano e Giordania, dove ha incontrato testimoni e vittime delle atrocità commesse dall’Is nei confronti delle donne siriane e irachene.
“Non ho mai visto niente del genere”, ha raccontato sconvolta la Bangura in un’intervista al sito Middle East Eye, parlando di atti “sadici” e della metodologia “organizzata a coordinata” che l’Is usa per violentare, ridurre in schiavitù, costringere alla prostituzione o a matrimoni forzati le ragazze delle minoranze yazide, turkmene e cristiane.
“Quando attacca un villaggio – ha spiegato la diplomatica della Sierra Leone – l’Is divide le donne dagli uomini”, sceglie le ragazze più giovani, “le spoglia, verifica la loro verginità, valuta la dimensione del seno e la bellezza”. Quindi stabilisce un prezzo per ognuna di esse.
Le vergini più giovani e carine vengono inviate a Raqqa, roccaforte siriana dell’Is, dove vengono vendute. Tra gli acquirenti “c’è una gerarchia – ha spiegato ancora la Bangura – gli sheikh hanno la prima scelta, poi gli emiri, poi i combattenti”. Le ragazze vengono vendute, stuprate per qualche mese, poi rivendute a un prezzo che va calando di volta in volta. “Mi è stato riferito – ha spiegato l’inviata Onu – di una ragazza venduta 22 volte”.
Per la Bangura, l’Is ha “istituzionalizzato la violenza sessuale”, che è diventata “centrale nella sua ideologia” ed è usata come strumento di “reclutamento, raccolta di fondi e affermazione della disciplina e dell’ordine”. A questa modalità di sfruttamento se ne aggiunge un’altra non meno atroce. “Siamo stati informati – ha riferito l’inviata Onu – di genitori che hanno ceduto le loro figlie all’Is, soprattutto a Mosul”. Si tratta del “jihad del sesso”, in cui “i corpi delle donne vengono usati per dare un contributo alla campagna dell’Is”.
“Ho lavorato in paesi come la Bosnia, il Congo, il Sud Sudan, la Somalia e la Repubblica Centrafricana – ha concluso la rappresentante delle Nazioni Unite – e non ho mai visto niente del genere. Questa inumanità è incomprensibile. Sono sconvolta, non riesco a capire”.
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