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L’Istat certifica la ripresa, Italia fuori dalla recessione anche se mal distribuita con il Sud che resta indietro. Tornano consumi e produzione

L’Istat certifica la ripresa, Italia fuori dalla recessione anche se mal distribuita con il Sud che resta indietro. Tornano consumi e produzione

L’Italia è fuori dalla recessione. Ma restano tutte le fragilità di una ripresa ancora incerta e mal distribuita sul territorio. Con il Sud che resta indietro. Certo, ci sono alcuni segnali positivi. Il reddito famiglie si stabilizza per la prima volta da 2008; il fatturato delle imprese, anche quelle piccole, registra un miglioramento, con un incremento di almeno lo 0,8%. Al contrario, continua a soffrire il mercato del lavoro. E per raggiungere la percentuale di occupazione registrata in Ue, l’Italia dovrebbe occupare 3,5 milioni di lavoratori in più.

La crescita. Nei paesi avanzati si segnala una “graduale ripresa ciclica” con il pil dell’Italia che, secondo la stima preliminare, nel primo trimestre 2015 è tornato a crescere dello 0,3% “dopo 5 trimestri di variazioni negative o nulle”. Nei primi mesi del 2015 gli indicatori anticipatori suggeriscono la prosecuzione di una graduale ripresa ciclica nei paesi avanzati, grazie all’azione di stimolo esercitata dalla politica monetaria, dal calo del prezzo del petrolio e, per l’Uem, dal deprezzamento del cambio. Ancora in rallentamento le economie emergenti”, afferma l’Istat nel rapporto.

Il Sud. Rimane indietro. “Le aree del Mezzogiorno – scrive l’Istat – si caratterizzano per una consolidata condizione di svantaggio legata alle condizioni di salute, alla carenza di servizi , al disagio economico, alle significative disuguaglianze sociali e alla scarsa integrazione degli stranieri residenti”. Le famiglie residenti al Sud spendono poco più del 70 per cento della media nel resto del Paese. Tanto che oltre un quarto della spesa nel Mezzogiorno è per i beni alimentari, di prima necessità.

Le famiglie. Migliorano i consumi delle famiglie sulla scia di una stabilizzazione del reddito delle famiglie. “La spesa per consumi finali delle famiglie è tornata a crescere (+0,3%) nel 2014 – si legge nel Rapporto 2015 dell’Istituto – dopo il marcato calo nei due anni precedenti. Tale andamento è da collegare a quello del reddito disponibile in termini reali delle famiglie consumatrici (cioè il potere di acquisto delle famiglie) che si è stabilizzato per la prima volta dal 2008, anche grazie alla discesa dell’inflazione”. L’indice del clima di fiducia dei consumatori, si aggiunge, “è aumentato nei primi mesi del 2015, con un leggero indebolimento ad aprile; il rafforzamento del sentiment dei consumatori potrebbe preludere a un moderato miglioramento della spesa per consumi”.

Imprese. Nel 2014 ci sono stati segnali di ripresa che hanno coinvolto un numero rilevante di imprese. Un’impresa con almeno 20 addetti su due del settore manifatturiero ha aumentato il fatturato totale di almeno lo 0,8%, evidenzia il report.

Lavoro. Per raggiungere la percentuale di occupazione denunciata dall’Ue, l’Italia dovrebbe occupare 3,5 milioni di lavoratori in più. Nel 2014, infatti, il tasso di occupazione Ue sale al 64,9% mentre in Italia si ferma al 55,7%. “Per raggiungere la percentuale Ue gli occupati dovrebbero aumentare di circa 3,5 milioni”, si legge nel Rapporto annuale. Non decolla la domanda di lavoro nelle imprese. Nel 2014 le aziende che hanno aumentato l’occupazione sono meno numerose di quelle che l’hanno ridotta, sia nella manifattura (rispettivamente 19 e 25,4%) sia nei servizi (9,8 e 24,8%). L’unica forma contrattuale che non conosce crisi è il part-time ma per 2 lavoratori su 3 è involontario. Sono infatti oltre 4 mln i lavoratori part-time(32,2% tra le donne e l’8,4% tra gli uomini) ma il 63,6% lo ha scelto cioè in mancanza di occasioni di lavoro a tempo pieno. E’ in part-time il 18% del totale degli occupati soprattutto under35, residenti al Sud, a basso titolo di studio e gli stranieri.