Camera, salta il tetto agli stipendi dei commessi. La presidenza si oppone e fa appello chiedendo la sospensione della sentenza
Salta’ il tetto agli stipendi dei commessi di Montecitorio. La commissione giurisdizionale per il personale ha infatti accolto il ricorso presentato da molti dei diretti interessati contro la delibera che aveva fissato tetti e sottotetti agli stipendi dei dipendenti di Montecitorio. Con il ricorso, in particolare, è stato annullato l’articolo che introduceva i sottotetti.
Il tetto ai dirigenti. La vicenda nasce nell’ambito del contenimento della spesa pubblica con la decisione del governo, nell’aprile 2014, di introdurre un tetto ai dirigenti della pubblica amministrazione, fissato a 240mila euro. A questa norma si sono in seguito adeguate tutte le istituzioni, a cominciare dalla presidenza della Repubblica, passando poi dal Senato e dalla Camera. In particolare alla Camera sono stati introdotti introdotti dei tetti per i consiglieri parlamentari, che sono i funzionari di più alto livello (che a fine carriera avrebbero poututo raggiungere anche i 358mila euro lordi annui), e poi dei sottotetti per le altre figure professionali.
A rischio i risparmi nel bilancio. Il dipendente di più basso livello, l’operatore tecnico o il commesso, a fine carriera raggiungeva i 136mila euro lordi annui, dopo la delibera la cifra era scesa a 96mila. Con l’accoglimento del ricorso però si potrebbe verificare il “paradosso” che un documentarista a fine carriera potrà arrivare a guadagnare 237mila euro lordi annui, mentre il consigliere 240mila. Per questo, con un voto all’unanimità, l’ufficio di presidenza di Montecitorio ha proposto appello contro questa sentenza della commissione giurisdizionale e chiesto la sospensione degli effetti della sentenza finchè non ci sarà una decisione definitiva che potrebbe arrivare a settembre. Se la decisione verrà confermata si ridurrebbero drasticamente i risparmi sui costi della Camera, dai 60 milioni in quattro anni si scenderebbe a 13 milioni di euro.
Nella relazione che motiva l’appello dell’ufficio di presidenza Marina Sereni, vicepresidente della Camera, ha sottolineato la “palese contraddittorietà” della decisione della commissione giurisdizionale che “da un lato riconosce l’autonomia della Camera, dall’altro però giudica irragionevoli e discriminatori
i sottotetti perchè non sono previsti anche nella pubblica amministrazione”. Inoltre la sentenza si poggia anche sulla “legittima aspirazione di progressione dei singoli dipendenti”, non riconoscendola però anche ai consiglieri.
Social