L’Italia di chi sogna il lavoro e di chi lo disprezza: le furbizie e le frodi dei dipendenti del comune di Sanremo
E’ un quadro desolante quello che offre l’indagine della guardia di finanza di San Remo. Quasi un impiegato su due usava in modo fraudolento permessi e assenze. Le immagini scorrono sul monitor della Finanza e c’è da non crederci. Il vigile urbano, racconto in un servizio La Stampa it, che sorveglia il mercato annonario arriva caracollando, malfermo sulle gambe e in mutande, a timbrare il cartellino. Poi, oppresso dal sonno, torna sui suoi passi e si dirige dritto dritto là da dov’era venuto: a casa. Quando proprio il vigile-custode non ha voglia nemmeno di uscire dall’alloggio, spedisce la moglie, in vestaglia e badge alla mano, a regolare la noiosa incombenza. C’è poi l’opzione numero tre: la figlia minorenne. Che per non sbagliare, passa per dodici volte la tessera nell’apparecchio. Sono fotogrammi grotteschi, fantozziani, quasi s’immagina possa apparire anche il ragionier Filini, di lì a poco, a passare il suo badge nella macchinetta. Sono scene che strappano persino un sorriso amaro. Nessuna simpatia, però, né tolleranza.
Come scrive il gip Alessia Ceccardi, che nelle ultime righe della sua ordinanza stigmatizza «il disprezzo mostrato dagli indagati per il lavoro, in un momento in cui, tra l’altro, averne uno o conservarlo è per molti ragione di sopravvivenza e non averlo o perderlo ragione di morte e disperazione». Altro set. Sembra quasi uno spot per magnificare il mare di Sanremo, quel mare dove si può praticare il canottaggio per tutto l’anno. Il sole splende illuminando la distesa d’acqua, sullo sfondo il panorama della Città dei Fiori. Peccato che a quell’ora il funzionario dovesse essere al lavoro: così almeno è testimoniato dal suo cartellino. Invece, grazie a qualche collega compiacente, non solo esercitava la sua passione per la voga, ma si faceva bello sui social network. Ancora: per il custode di Palazzo Bellevue, hotel di lusso costruito in un solo anno alla fine dell’Ottocento e oggi sede del Comune di Sanremo, aprire il cancellone dello splendido parco che circonda il sontuoso complesso era, spesso, un compito da delegare alla moglie, impiegata in quelle stanze, all’Ufficio tributi.
Maurizio Zoccarato, ex sindaco di centrodestra, figlioccio ribelle del re detronizzato dell’Imperiese Claudio Scajola, all’inizio del suo mandato aveva giocato tutte le sue carte denunciando, anche ai pm, la «sprecopoli» tra i dipendenti dell’amministrazione. Spesso è l’occasione che fa l’uomo ladro. Gli impiegati dell’ufficio anagrafe, tra i più colpiti, godevano di un benefit particolare. La loro sede è distante, defilata rispetto a Palazzo Bellevue, ma proprio sopra al mercato annonario, dove sono stati spesso beccati a far la spesa nell’orario di lavoro. Nemmeno si fa mancare, questa inchiesta, la figura del moralizzatore preso con le mani nella marmellata. Quelle della brioche per colazione. Attività al quale l’operaio specializzato della protezione civile dedicava ogni giorno tre quarti d’ora, dopo aver timbrato ma senza nemmeno arrivare a varcare la soglia dell’ufficio. Ben quarantacinque minuti, in media, per assaporare il caffè ma soprattutto per le le letture e i commenti con gli altri avventori.Proprio lui però, volontario di una pubblica assistenza e arbitro di baseball, era un rigidissimo, implacabile fustigatore sui social network dei costumi dei politici italiani, «ladri e corrotti». Un collega arrivava sì al filo di lana della macchinetta, ma dopo aver strisciato la tesserina magnetica rapido rapido si involava di nuovo all’esterno. Destinazione: il chiosco di fiori della moglie, che apriva in attesa di passare le consegne alla consorte.
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