Marino porta fino in fondo la sfida e ritira le dimissioni: “Sono pronto a confrontarmi con la maggioranza”. Il Pd ai consiglieri :Ora dimettetevi”
Alla fine c’e’ stato l’atteso anche se temuto colpo di scena. Il Marziano non smonta anzi si rimette la fascia tricolore e sfida il Pd e la giunta capitolina. “Il sindaco di Roma Ignazio Marino ha firmato la lettera con la quale ritira le dimissioni presentate lo scorso 12 ottobre”. La nota ufficiale del Campidoglio arriva poco prima delle 16.30. A tre giorni dalla scadenza del suo mandato e dalla nomina di un commissario per la città, e dopo 17 giorni di tira e molla, il primo cittadino ci ha dunque ripensato.
Un colpo di scena atteso in verità da giorni e più volte suggerito dallo stesso sindaco anzitutto nella sua lettera di dimissioni (“Ho venti giorni per pensarci” aveva scritto e dichiarato in video) e da ultimo nella sua promessa ostinata alla folla dei sostenitori riunita domenica scorsa sotto al Campidoglio: “Non vi deluderò” aveva detto.
“Sono pronto a confrontarmi con la maggioranza – ha spiegato oggi lasciando Palazzo Senatorio – Illustrerò quanto fatto, le cose positive, la visione per il futuro…E’ quello il luogo della democrazia. Questa sera parlerò con la presidente Baglio e illustrerò, oltre a consegnarle la lettera, la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’aula Giulio Cesare”.
Sarà dunque il Consiglio a dover staccare o meno la spina a Marino. Appena poche ore prima del dietrofront del sindaco il commissario del Pd Roma Matteo Orfini aveva convocato i consiglieri comunali dem al Nazareno. “Se il sindaco dovesse ripensarci e decidere di restare alla guida del Campidoglio” – questa la linea del partito emersa dalla riunione fiume che è andata avanti per 7 ore – “i consiglieri del Pd si dimetterebbero subito dal loro incarico”. Ora dunque, visto che il sindaco ha deciso di sfidare il Nazareno in una sorta di scontro finale, lo scenario più verosimile sembrerebbe questo, salvo clamorose lacerazioni nel partito. E potrebbe accadere forse già domani o comunque appena le dimissioni di Marino verranno protocollate, senza nemmeno passare per il confronto in Aula.
Non basta però il passo indietro dei soli 19 consiglieri capitolini dem per mandare a casa un sindaco che non molla l’incarico: in base al Testo unico degli enti locali, infatti, per lo scioglimento dell’Assemblea capitolina servono le dimissioni contestuali della metà più uno dei membri: almeno 25 sui 48 eletti. Secondo fonti del Nazareno i numeri per far cadere l’Aula ci sarebbero perché ai dem si accoderebbero almeno altri sei consiglieri: due della maggioranza e cioè Daniele Parrucci (Centro democratico) e Svetlana Celli (Lista Marino) più cinque dell’opposizione, Roberto Cantiani (Gruppo Pdl), Alfio Marchini e Alessandro Onorato (lista Marchini) e Sveva Belviso (Altra destra). Nessuna “stampella”, dunque, dai grillini. Gli accordi sarebbero stati presi direttamente dagli uomini più vicini al premier Renzi, pescando anche tra esponenti della destra. Ma alleati anti-Marino potrebbero essercene di più, come sottolinea a Radio Capitale anche l’uscente assessore Pd Esposito (“Domani pomeriggio i consiglieri si dimetteranno, così Marino e il governo cittadino verranno dichiarati decaduti”). Lo stesso Esposito, però, fino a ieri era convinto del fatto che il sindaco non avrebbe mai ritirato le sue dimissioni. Insieme al Pd, altri voti contro Marino potrebbero arrivare dai 2 di Fratelli d’Italia, Alessandro Cochi del Gruppo Misto, i fittiani Ignazio Cozzoli e Francesca Barbato, Marco Pomarici di Noi con Salvini e anche l’ex sindaco Gianni Alemanno. Hanno invece dichiarato pubblicamente il consenso al primo cittadino i 4 consiglieri di Sel e 4 della sua lista civica.
Intanto, a lasciare il sindaco sono uno dopo l’altro numerosi membri della giunta, ora dimezzata, a cominciare dal vicesindaco Marco Causi e dall’assessore ai Trasporti Stefano Esposito che hanno confermato le loro dimissioni annunciate da giorni. Già protocollate le loro lettere di addio “e non credo saremo i soli” dice il titolare alla Mobilità.Depositate anche le dimissioni dell’assessore al Turismo Luigina di Liegro. E dopo la giunta arrivano anche quelle di Maurizio Pucci, titolare ai Lavori Pubblici, di Giovanna Marinelli, Cultura, dell’assessore alla Legalità Alfonso Sabella, di quello alla Scuola Marco Rossi Doria. Resistono per ora i “fedelissimi del sindaco”: Estella Marino, Alessandra Cattoi e Giovanni Caudo, accanto al sindaco anche questo pomeriggio al Maxxi, l’assessore alle Politiche Sociali Francesca Danese, mentre quella al Commercio Marta Leonori dice: “Mi dimetterò solo dopo l’Assemblea capitolina”.
Marino: “Sto riflettendo. Niente da chiedere, né da negoziare”
Intanto Marino anche oggi ha deciso di non mutare di una virgola la sua agenda. Alle 18 si è presentato al Maxxi, il museo di via Guido Reni, per illustrare, così ha detto, “due anni di rivoluzione urbanistica straordinari per la città di Roma”. E qui ha trovato ressa di fotografi, giornalisti e cameramen e qualche coreografico estimatore. “Sono felice di essere qui dove viene presentato un lavoro che negli ultimi due anni ha cambiato la città. Ma ora me ne vado così si sposteranno anche i giornalisti”. E’ tornato in Campidoglio, qui accolto da uno straniante manipolo di esponenti di Casapound che invocavano il sindaco: “Marino, resta con noi, fai a brandelli il Pd”. Poi la giunta, che ha preso il via poco dopo le 20 senza Causi, Esposito e Di Liegro in un Campidoglio blindato dalle forze dell’ordine, approvando provvedimenti dell’ultima ora tra cui la pedonalizzazione integrale dei Fori ma solo nei festivi e nei weekend.
In mattinata, il sindaco dimissionario, prima di salire nel suo ufficio, aveva voluto rispondere alle affermazioni del presidente dell’Autorità anticorruzione Raffaele Cantone su Milano tornata ad essere capitale morale, mentre Roma sta dimostrando di non avere quegli anticorpi di cui ha bisogno e che tutti auspichiamo possa avere”. “Qui gli anticorpi esistono” gli ha mandato a dire, “ce ne sono milioni ma vanno valorizzati da noi delle istituzioni”.
La sera prima del dietrofront del sindaco, invece, un incontro a sorpresa a casa di Marco Causi. Oltre allo stesso Marino c’era anche il presidente del partito per un tentativo di dialogo dell’ultimo minuto, una mano tesa negata invece da Matteo Renzi, che da Cuba dice “La linea del partito è quella di Orfini”, cioè Marino fuori dal Campidoglio.
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