Guerra al terrore, 17 arresti in Europa: sette in Italia di cui 4 a Merano e altri a Bolzano. Sventati attentati in Europa e MedioOriente
Sono 17 le persone arrestate nell’ambito dell’operazione antiterrorismo ‘Jweb’, messa a segno questa mattina dai carabinieri del Ros in collaborazione con le autorità giudiziarie e di polizia di diversi Stati europei, coordinate da Eurojust. Si tratta di 16 curdi e un kosovaro. Sono indagati per associazione con finalità di terrorismo internazionale aggravata dalla transnazionalità del reato.
Sette gli arresti eseguiti in Italia, 4 Regno Unito, 3 in Norvegia e uno in Finlandia. Quattro degli arrestati vivevano a Merano, due a Bolzano e uno in un paese vicino Bolzano. Per un’altra persona, in Svizzera, è stato chiesto l’arresto a fini estradizionali.
Tra gli arrestati anche Mullah Krekar, a capo dell’organizzazione terroristica ‘Rawti Shax’ e già fondatore di Ansar Al Islam, gruppo terroristico curdo sunnita che si era costituito per instaurare uno stato islamico con metodi violenti nel Kurdistan iracheno e che aveva subito un autentico smantellamento grazie all’azione militare dello Stato Iracheno, sostenuto dalle forze della coalizione occidentale.
Il progetto degli arrestati prevedeva anche “la possibilità di fare attentati nella zona del Medio Oriente e anche in Europa, non in Italia”, ha precisato il generale Giuseppe Governale, comandante del Ros dei carabinieri. Attentati che, ha spiegato, ”potevano coinvolgere rappresentanti diplomatici norvegesi e inglesi per ottenere la liberazione del loro capo, Mulla Krekar, detenuto in Norvegia”.
L’indagine antiterrorismo del Ros Carabinieri ha consentito di smantellare una cellula dedita al reclutamento e alla radicalizzazione di militanti attraverso il web. I Carabinieri hanno operato in collaborazione con l’autorità giudiziaria e di polizia di Regno Unito, Norvegia, Finlandia, Germania e Svizzera. L’ordinanza di custodia cautelare riguarda sedici cittadini curdi e un Kosovaro. I militari dell’Arma hanno eseguito numerose perquisizioni nelle province di Bolzano, Parma e Brescia. Perquisizioni sono state eseguite anche in Norvegia, nel Regno Unito, in Finlandia, in Germania e in Svizzera.
Nel quadro dell’operazione, in Norvegia sono finiti in manette tre sospetti, uno dei quali è il controverso predicatore islamico Mullah Krekar. Krekar – che il 30 ottobre scorso era stato condannato a 18 mesi di reclusione – è stato arrestato nella sua cella a Kongsvinfger. Lo riferiscono i media norvegesi.
Nei giorni scorsi, il mullah Krekar era stato nuovamente condannato in Norvegia per minacce di morte: il predicatore islamico di origine curdo irachena si era visto infliggere una condanna a 18 mesi per aver istigato all’assassinio di un profugo curdo che aveva bruciato pagine del Corano. Per Krekar, figura controversa fin da quando ottenne l’asilo nel paese nordico nel 1991, le autorità decisero l’espulsione per i presunti legami con il gruppo estremista Ansar al Islam, ma questa non fu mai eseguita dato che l’uomo rischiava di essere condannato a morte in Iraq.
Najmuddin Faraj Ahmad, questo il vero nome del 59enne mullah , è stato condannato il 30 ottobre in relazione a minacce proferite in febbraio durante un’intervista alla televisione norvegese Nrk. Sono pronto “a fare un regalo” a chi ucciderà Halmat Goran, aveva dichiarato, riferendosi al curdo che nel 2010 aveva diffuso le sue immagini mentre bruciava pagine del Corano. “C’è il rischio reale che qualcuno possa fare quello che l’imputato suggeriva”, aveva osservato in sede di processo Peter Blom, giudice distrettuale di Oslo – “il tribunale non ritiene che tali dichiarazioni vadano protette dalla libertà di parola”.
Quando fu intervistato dalla tv, Krekar era appena uscito dal carcere dove aveva scontato due anni e dieci mesi per minacce di morte pronunciate nel 2010 contro tre curdi e l’esponente politica Erna Solberg, che poi diventò primo ministro. Il mullah dovrà ora scontare 18 mesi, meno i 216 giorni che ha già trascorso in carcere in attesa del processo. I suoi avvocati hanno due settimane di tempo per presentare appello.
L’operazione antiterrorismo “è la conferma di quanto e come funzionino la cooperazione internazionale e l’attività di prevenzione in Italia”, ha detto il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. “Non esiste un Paese a rischio zero – ha poi ricordato il ministro – ma fin qui le cose sono andate bene e il nostro sistema ha funzionato. L’Italia è esposta al rischio del terrorismo internazionale, perché facciamo parte della coalizione che contrasta sia il califfato che il terrorismo ma, ripeto, fin qui le cose hanno funzionato”.
Nell’operazione ha contato molto la collaborazione internazionale. Lo hanno sottolineato, nel corso di una conferenza stampa, il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, Franco Roberti, e il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone. “Grande professionalità è stata dimostrata dai magistrati e dagli investigatori del Ros – ha detto Roberti – è stata un’indagine difficilissima e la cooperazione internazionale ha funzionato benissimo”. Anche Pignatone ha spiegato che l’operazione rappresenta un “caso virtuoso” in cui ha “contato soprattutto la collaborazione internazionale”.
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