Si accende lo scontro Roma-Bruxelles, Juncker: “a Roma mancano interlocutori” Renzi replica: “Se ne facciano una ragione, l’Italia e’ tornata”
Il gran tumulto sull’asse Bruxelles-Roma continua. Ormai non passa giorno senza che volino stracci. Ieri l’affondo di Jean-Claude Juncker («a Roma mancano interlocutori»). Oggi la replica, seppur indiretta, di Mateo Renzi («se ne facciano uan ragione, l’Italia è tornata»). Ma a far discutere sono le nuove bordate contro il premier che arrivano dal Ppe («Renzi sta mettendo a rischio la credibilità dell’Ue »). Infine, anche Juncker rincara la dose: «I governi che attaccano Bruxelles si guardino allo specchio».
1) Lo scontro sull’asse Roma-Bruxelles si infiamma a inizio gennaio quando Renzi torna a chiedere più margini di flessibilità sui vincoli di bilancio.
2) Il 15 gennaio il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker sbotta: «Renzi ha a vilipenderci e criticarci ogni volta che può. Un comportamento sbagliato, che non capisco».
3) Il 16 gennaio la replica del premier: «Da Bruxelles vogliono farci paura, ma è solo un flebile ruggito. Pensano di poter intimidire e telecomandare l’Italia: si illudono, siamo un grande Paese».
4) Il 18 gennaio il nuovo botta e risposta: «Con Roma non si riesce a parlare», tuona Juncker. A replicare ci pensa il ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni: «L’Italia ha un governo nel pieno dei suoi poteri, sono polemiche inutili».
Oggi l’ultima puntata. «Se ne facciano una ragione: l’Italia è tornata, più solida e ambiziosa», dice Matteo Renzi via Facebook tornando a suonare la carica anti-Ue. Dall’altra parte del campo, oltre confine – attacca il premier – «chi, forse impaurito da questo nuovo protagonismo italiano, preferirebbe averci più deboli e marginali, come purtroppo è spesso accaduto in passato». Il premier incontra a palazzo Chigi i vertici della Cisco: «L’Italia – dice – è sempre più aperta e attrattiva per gli investimenti internazionali. Con grandi aziende globali che non fanno più mordi e fuggi come in passato, ma hanno deciso di puntare sul nostro Paese, di scommettere sul suo futuro». Ad attrarre gli investitori, ne è convinto Renzi, le riforme del Governo, fino a qualche mese fa apprezzate dall’Ue, e in particolare il Jobs act.
Da Roma quindi nessun profilo basso in attesa che passi la burrasca. Ma anche a Bruxelles non scherzano. la novità è che scende in campo il Partito popolare europeo. «Renzi sta mettendo a repentaglio la credibilità dell’Europa a vantaggio del populismo», tuona il presidente del gruppo del Ppe, il tedesco Manfred Weber, intervenendo alla plenaria di Strasburgo. Il nodo è ancora l’immigrazione: «Quando vediamo che l’Italia non è disposta ad aiutare la Turchia se non in cambio di una contropartita – aggiunge il “ventriloquo” della cancelliera tedesca Angela Merkel all’Europarlamento – tutto ciò va a svantaggio dell’Europa, della sua forza e della sua credibilità». Weber elogia invece Mogherini: «L’Europa è capace di grandi successi. Sono stato orgoglioso di vederla siglare l’accordo sul nucleare iraniano. E la voglio ringraziare per il suo lavoro, dice. Dichiarazione che va letta nell’ottica del crescente fastidio di Renzi nei confronti dell’Alto rappresentante per la politica estera europea, ormai considerata dal premier fuori controllo.
Non è la prima volta che il «falco» Weber fa da spina nel fianco al premier. Gli aveva già dato filo da torcere un anno fa battendogli il tempo su conti e riforme, mentre all’avvio del semestre di presidenza italiana lo aveva invitato a rispettare le regole. E poco dopo aveva provocato, soffiando sulle critiche rivolte da Renzi, il presidente della Commissione Ue Jean-Claude Juncker che sbottò: «Non sono a capo di una banda di burocrati». La replica italiana arriva per bocca di Patrizia Toia, capodelegazione degli eurodeputati Pd: «La credibilità dell’Europa l’ha messa a rischio chi come Weber e i suoi amici hanno voluto un’austerità ideologica che ha messo i cittadini in difficoltà e ha aumentato le diseguaglianze». Secondo Toia «Weber mette a rischio coalizione con i progressisti». Per il presidente del Pd Matteo Orfini «chi chiede che l’Europa cambi aiuta l’Europa, non la danneggia. È chi le dà un’impronta non in linea con la sua storia che la danneggia».
Non arretra neanche il Presidente della Commissione Ue. «C’è chi ritiene che la Commissione non sia stata sufficientemente attiva, ma non è vero», dice Juncker. «Il piano di investimenti è in azione, sono stati già mobilitati 40 miliardi. E 11 di questi progetti sono in Italia». «Senza un’azione comune, una politica europea dell’immigrazione, Schengen non sopravvivrà», avverte. «Bisogna andare oltre gli egoismi nazionali. L’Europa può e deve ritrovare unità. La solidarietà europea può portare ciascun Paese a superare la crisi». Poi l’ennesimo affondo, senza citare direttamente «l’Italia: Alcuni governi sono veloci ad attaccare Bruxelles, ma si guardino allo specchio, anche loro sono Bruxelles».
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